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Maggio di rose e cavolfiori - inedito

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Il tempo dell'afrore del cavolfiore da fornello

ci riporta sulla terra, Osvalda

e contende alle rose la terrestrità che più ci occupa,

la nostra misura domestica che dilania l'olfatto

reclamando la pietas di una finestra aperta

 

Tra rose e cavolfiori

s'immilla di colore e sofferenza

il mio e il tuo tempo, amore;

col sine die a perpetuarne il dramma

 

 leopoldo attolico - 21/05/2016 10:27:00 [ leggi altri commenti di leopoldo attolico » ]

Ai commentatori la gratitudine di rose e cavolfiori e la mia personale , molto sentita ; estensibile alla Redazione e alla sua generosità.
leopoldo -

 Maria Musik - 11/05/2016 07:12:00 [ leggi altri commenti di Maria Musik » ]

Ecco perchè non cucino mai cavoli o similia.
Perfetta!

 alfredo rienzi - 10/05/2016 10:28:00 [ leggi altri commenti di alfredo rienzi » ]

Ah, Leopoldo...alla mia (scarsa) memoria non sovviene nessun’altra lirica scaturita dall’afrore di cavolfiore, ma penso sia salutare, per riequilibrare, un infinitesimo, nell’agone delle parole lo schiacciante rapporto tra rosacee e brassicaceae..

 Fabrizio Bregoli - 10/05/2016 09:56:00 [ leggi altri commenti di Fabrizio Bregoli » ]

Un’ironia magistrale sempre ben dosata ed efficace

 Nando - 10/05/2016 07:00:00 [ leggi altri commenti di Nando » ]

Il colpo di reni su cui si fonda il discorso poetico, che rivela il tocco autorale di arte e sentimento di qualità magisteriale, è tutto nella contrapposizione del cavolfiore alla rosa, che metaforizza della condizione umana, qui della relazione amorosa più coniugale che neoromantica, il dualismo ideale-realtà, cielo agonizzato e irrangiungibile, terra in ciò che concretamente siamo; ma sempre del poeta è la "salvezza", anche quando disperante e qui, l’Autore, con talento e maturità umana e artistica, lascia filtrare un raggio luminoso, salva l’immagine di una finitudine umana schiusa all’impressione, ancorché non creduta o incerta o " prigioniera"_di quel l’alternarsi continuo e senza tempo di colore e sofferenza (notare che non oppone al dolore la gioia ma il colore, ciò meriterebbe un commento a parte, poiché è una selezione di parola particolarmente significativa) nella contesa tra la rosa profumata e l’ortaggio maleodorante della nostra terrestrità. Terrestrità che è la parola su cui poggia il proprio discorso questa poesia, che ha però nell’esperienza relazionale dei due il punto di fuga, la prospettiva di un orizzonte d’immanenze pur sempre amabili, che siano di colore o di dolore.

 Loredana Savelli - 09/05/2016 16:13:00 [ leggi altri commenti di Loredana Savelli » ]

Verrebbe da sorridere su sì potente olfatto ma il sorriso è indizio di una più intima commozione (a patto che le finestre siano aperte ed evapori ogni vago sospetto di lacrime - d’amore, s’intende -).

Grande.

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